18 giugno 2013 CAMBIA LA VITA NEL CONDOMINIO UNISCITI A NOI IN DIFESA DEI DIRITTI DEI CONDOMINI

18 giugno 2013 CAMBIA LA VITA NEL CONDOMINIO UNISCITI A NOI IN DIFESA DEI DIRITTI DEI CONDOMINI

giovedì 19 novembre 2015

UNA FORTE VIBRAZIONE FULMINA LA LAMPADA DELLA STANZA E CREA UN GRANDE SPAVENTO

14 novembre 2015 ore 18,00 .LA VIBRAZIONE PROVENIENTE DAL TUBO DI SCARICO  DEI FUMI-UNA CIMINIERA SOTTO E A FIANCO DEL BALCONE DELLA STANZA
 

LUGLIO 2015: incontro di verifica con i condomini in via tadino.Richiesta 
all'Ammistratore di avviare le procedure per rimuovere tutti gli scarichi a parete di fumo e di cattivi odori proveniente dal Loft.



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martedì 6 ottobre 2015

La Rossano di ieri e di oggi: l’evoluzione dell’urbanistica


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Dall’edilizia selvaggia alla regolamentazione attraverso un’urbanistica studiata e disegnata. Oltre cinquant’anni di storia per giungere alla Rossano di oggi. Che per molti versi presenta il volto di una città moderna e funzionale, custodendo e racchiudendo al suo interno le testimonianze di come, nel tempo, si sia evoluta la fabbrica del mattone. Territorio in mano a poche famiglie, le cui strategie imprenditoriali hanno solo in minima parte prodotto effetti positivi. Negli anni ’60 gran parte di quello che è oggi lo scalo si presenta come una immensa distesa di ulivi che, pian piano, inizia a lasciare il posto agli insediamenti abitativi. I tempi cambiano, così come le esigenze, e dal centro storico, ma anche da alcuni centri dell’hinterland, si comincia a scendere in pianura. Si sviluppano le prime attività commerciali e si ha necessità di essere più vicini alla rete ferroviaria, all’epoca validissimo mezzo di trasporto, per accorciare anche i tempi della consegna merci e potersi spostare in maniera più agevole.
E così nascono i primi edifici urbani, all’inizio veri e propri agglomerati sparsi, rispondenti a quello che era l’obiettivo primario: avere un’abitazione.
Erano anni felici per i costruttori, non esistevano norme edilizie, non erano previste autorizzazioni, si costruiva liberamente, senza rispettare la distanza di sicurezza tra un edificio e l’altro. Sono gli anni in cui iniziano a prendere forma gli insediamenti su via Roma, via Milano e la zona a monte di via Nazionale.
Il 1 settembre del 1967 entra in vigore la norma che prevede il rilascio della licenza edilizia da parte del Comune, sulla base dei dettami del Codice civile. Gli edifici iniziano, quindi, ad essere costruiti seguendo alcuni criteri. Dai primi anni Settanta viene introdotto un nuovo strumento, che regolerà lo sviluppo urbanistico cittadino per oltre un ventennio: il Regolamento Edilizio con annesso Programma di Fabbricazione (approvato con D.P.G.R. N° 737 DEL 2/7/1975). Dalla seconda metà degli anni settanta fino al 1993 si costruisce sulla base di quanto previsto dal Pdf, che è soggetto ai piani attuativi fra cui il PEEP che ha consentito di realizzare alloggi di edilizia economica e popolare nelle zone di Donnanna e Matassa, non prevede vincoli e, sostanzialmente, è deciso dalla politica. Sono questi gli anni in cui si sviluppa la maggior parte dell’impianto urbanistico dello scalo.
Non siamo ancora in presenza di una edilizia programmata, si costruisce sulla base di progetti standard, ma si introducono norme che disciplinano le distanze dalle strade e dai confini nonché l’altezza dei fabbricati. Le aree edificabili sono soggette al Piano pluriennale di attuazione (Ppa). In questo periodo vengono realizzati gli insediamenti di via Nazionale, via Lazio, via Sicilia, via Aldo Moro, Donnanna, Petra, viale Luca De Rosis, viale Michelangelo, via dei Normanni. Lo scalo prende forma e inizia a delinearsi per gran parte di quel che è oggi. È il periodo del “boom” economico, con il settore dell’agricoltura e la nascita della Centrale Enel di contrada Cutura che danno lavoro e producono reddito, consentendo a molti di investire nell’edilizia che crea ulteriore indotto. E anche negli anni successivi è sempre l’edilizia a muovere la maggior parte dell’economia. Un periodo, questo, che se paragonato alla situazione attuale fa emergere in tutta la sua drammaticità non solo gli effetti della crisi economica ma anche la progressiva spoliazione subita dal territorio, dove ora tutto si è paralizzato.
Tornando alla storia, nel 1993 viene adottato per la prima volta il Piano regolatore generale (Prg), che sarà poi definitivamente approvato nel 2001. Si giunge, quindi, ad una urbanistica programmata e pianificata, con una logica, anche sul piano estetico, e massima attenzione al sistema viario. Vengono ora previste anche le aree sociali, prima realizzate sui “residuati” delle costruzioni e si pianifica la viabilità, ponendo fine a quei “limiti” tuttora presenti in alcune zone. Basti pensare, ad esempio, ad aree quali Donnanna, Petra, via dei Normanni e Sant’Angelo dove, nel 1994, nelle more del ricorso amministrativo in atto (nei confronti dell’allora sindaco Caputo, eletto a giugno 1993. Il ricorso venne poi definito a giugno 1994) il commissario dell’epoca approvò quattordici lottizzazioni concepite dalla precedente amministrazione di centrosinistra sulla base del Piano pluriennale di attuazione.
Il Prg è lo strumento che consente di programmare e pianificare su più fronti, tutelando l’agricoltura e i vari appezzamenti, ad esempio, e incentivando lo sviluppo turistico prevedendo la possibilità di realizzare strutture turistiche e ricettive sul lungomare. Possibilità che, tuttavia, solo pochissimi privati hanno sfruttato.
Con l’adozione del Piano regolatore generale vengono quindi definite le varie zone della città alle quali viene assegnata una specifica destinazione. Adotta il nuovo Piano nelle more di approvazione in caso di “contrasto” con quanto invece prevedeva il Programma di Fabbricazione, vengono adottate le cosiddette misure di salvaguardia e le aree in questione vengono messe in “stand-by” fino alla definitiva approvazione del Prg che giunge nel 2001; è il caso, tra l’altro, di Frasso, Monachelle, Crosetto. Con il Prg si sviluppano anche le zone di Tornice e via Galeno, mentre si dà impulso ad un sistema viario che diventa sempre più funzionale. È in questi anni che lo scalo prende forma per come si presenta oggi, con un’urbanistica più ragionata, anche sul piano estetico, e una viabilità tutto sommato efficiente.
La legge urbanistica regionale n. 19/2002 introduce una nuova e più ampia visione riconoscendo un rapporto di stretta interazione tra la pianificazione urbanistica e il sistema naturalistico-ambientale. Alla base delle politiche e della pianificazione territoriale vi è ora la sostenibilità ambientale così come la tutela del suolo.
È un’ottica più moderna, che tende a determinare i livelli di qualità urbana in termini di benessere, salubrità, efficienza, sicurezza ed equità degli interventi antropici, nonché i livelli accettabili della pressione dei sistemi insediativo e relazionale sull’ambiente naturale. Il Piano regolatore generale viene quindi sostituito dalPiano Strutturale Comunale (Psc) che diventa lo strumento principale di pianificazione territoriale e urbanistica a scala comunale. Rispetto al Prg che si presenta come un prodotto a carattere normativo prescrittivo, fissando in maniera rigida le modalità d’uso del suolo, il Psc ha carattere più flessibile e persegue, sostanzialmente, tre obiettivi: promozione dello sviluppo locale mediante la tutela e valorizzazione del paesaggio e delle risorse ambientali, naturali ed antropiche (storico culturali); miglioramento della qualità della vita e della sicurezza dei cittadini mediante la promozione della qualità ambientale ed il controllo dei rischi; assetto sostenibile del territorio e dell’uso del suolo, sulla base delle specifiche caratteristiche delle condizioni ambientali. In sintesi il Psc: classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile, agricolo e forestale. È poi nel Pot (Piano operativo temporale) che spetta a ciascun sindaco, che vengono individuate le aree di nuova edificazione o riqualificazione da sottoporre di norma a Piano attuativo unitario.
Sulla base delle caratteristiche demografiche e della media di abitanti per ciascun comune calabrese, nella nuova legge urbanistica la Regione promuove la realizzazione di un sistema di Piani strutturali in forma Associata (Psa) da redigersi fra diversi comuni. La visione, qui, diventa d’area vasta, con l’obiettivo di giungere ad uno sviluppo omogeneo territoriale allo scopo, tra l’altro, di: valorizzare al meglio risorse che acquistano valore solo su scala sovracomunale (si pensi ad attività turistiche realizzabili solo attraverso “itinerari” che coinvolgono più comuni); gestire in  associazione servizi ed infrastrutture che richiedono, per essere economicamente realizzabili, soglie di popolazione che spesso i piccoli comuni da soli non raggiungono, in special modo nei settori della raccolta dei rifiuti solidi urbani e delle strutture di protezione civile.

Insomma, una filosofia del tutto nuova che perfeziona l’intuizione già avuta con i Piani regolatori integrati, da queste parti mai attuati, attorno alla quale si sviluppa grande interesse. Tra l’altro, nelle linee guida della legge 19/2000 si trova il riferimento ai centri di Rossano e Corigliano “fra pochi anni di fatto uniti come anticipano i segni della conurbazione in atto” la cui presenza “deve far ripensare il modello di sviluppo urbano verso dimensioni più sostenibili, contenendo il consumo di suolo e puntando ad una profonda riqualificazione”.  Rossano, sotto il governo della giunta Filareto aderisce al Psa con i Comuni di Corigliano, Crosia, Calopezzati, Cassano all’Jonio. Si inizia a programmare insieme in un’ottica territoriale ma il processo va a rilento ed è ora giunto in fase di Conferenza di pianificazione. E si dovrà attendere ancora per la definitiva redazione che dovrà dare un volto nuovo, più moderno e stavolta integrato allo sviluppo urbanistico che adesso rientra nell’ottica di area vasta.

mercoledì 16 settembre 2015

Gli effetti diretti della L. 7 agosto 2015 n. 124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silenzio-assenso e autotutela

Come anticipato nello scritto su “Poteri di autotutela della pubblica amministrazione e illeciti edilizi” pubblicato su questa rivista il 15 luglio scorso, la legge delega per la riforma della p.A., che, per uno strano ritorno dei numeri e delle date, è stata approvata il 7 agosto (2015) con il n. 124, è intervenuta direttamente, con efficacia dal 28 agosto scorso, su alcune disposizioni chiave della l. 7 agosto 1990 n. 241. In particolare, proseguendo nel percorso più timidamente avviato (con riferimento alla s.c.i.a. e alla revoca) dalle c.d. norme "sblocca Italia", la riforma ha prestato particolare attenzione al regime dell’autotutela, cercando un difficile contemperamento tra l’esigenza di assicurare il rispetto della legalità e quella di garantire gli operatori e, soprattutto, gli investitori, della stabilità dei titoli di abilitazione all'esercizio di attività economiche e, in termini più generali, al godimento di benefici. Raccogliendo le sollecitazioni di chi, già da tempo, aveva denunciato i rischi derivanti dalla scarsa garanzia di stabilità dei c.d. strumenti di semplificazione del sistema autorizzatorio e recependo buona parte delle proposte richiamate nelle citate “Riflessioni”, la legge è reintervenuta specificamente anche sul regime della s.c.i.a. e del silenzio-assenso sui procedimenti a istanza di parte, eliminando alcune, gravi, contraddizioni della relativa disciplina nella l. n. 241 del 1990 (in particolare, il grave regime sanzionatorio previsto dall'art. 21, comma 2, e l’illogico richiamo, nell'art. 19, agli artt. 21-quinquies e 21-nonies - relativi a provvedimenti di secondo grado - in riferimento a titoli fondati su atti di diritto privato). Per un quadro più completo del nuovo sistema, si ricorda che la l. 11 novembre n. 164 (di conversione del d.l. 11 settembre 2014 n. 133, c.d. decreto “sblocca Italia”) ha circoscritto il potere di revoca disciplinato dall’art. 21-quinquies l. n. 241/1990 (introdotto a sua volta dalla riforma del 2005), chiarendone l’utilizzabilità soltanto nei confronti di atti ad efficacia durevole e subordinandone l’esercizio a condizioni più rigorose. Fermo l’obbligo di indennizzo, nel nuovo testo della disposizione, i provvedimenti amministrativi possono essere invero revocati, fuori dai “classici” “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”, in caso di mutamento della situazione di fatto, soltanto se esso non era “prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento”, mentre la revoca per nuova valutazione dell'interesse pubblico originario è comunque esclusa per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. Restava peraltro illogicamente confermato il dibattuto co. 1-bis, che (oltre a fare irragionevole riferimento alla revoca di atti “ad efficacia durevole o istantanea”), applicando all’istituto concetti e principi che più correttamente attengono alla categoria dell'annullamento, nel limitare l’indennizzo per la revoca incidente su rapporti negoziali al mero danno emergente, impone di tener conto “sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico”. Nonostante le ripetute sollecitazioni in tal senso, la l. n. 124 ha perso un'importante occasione per eliminare la disposizione, che, vieppiù alla luce del nuovo regime dell'annullamento, rischia di creare elementi di grave incertezza. L'effettività delle regole che disciplinano i confini del potere amministrativo presuppone invero la chiarezza e il rispetto di quelli delle categorie provvedimentali e la conseguente valutazione (della legittimità) degli atti alla stregua del loro contenuto sostanziale, quale che ne sia la qualificazione formale (chiarissimo, in tal senso, l'insegnamento della CEDU in tema di individuazione delle sanzioni alla stregua dei c.d. Engel criteria, ma anche la consolidata giurisprudenza interna sull'irrilevanza del nomen ai fini della applicazione delle regole dell'una o dell'altra tipologia giuridica, confermata dalla sentenza n. 14 del 2014 dell'Adunanza plenaria a proposito della necessaria distinzione tra revoca e recesso). In quest'ottica devono essere, evidentemente, lette e applicate, pena la violazione dei principi costituzionali e euro-unitari di buona amministrazione e certezza del diritto, anche le nuove disposizioni in vigore dal 28 agosto 2015... (segue)

sabato 12 settembre 2015

Il fisco non risponde dopo 220 giorni? Si può annullare la cartella

Novità in materia fiscale per quanti sono finiti nel mirino dell'Agenzia delle Entrate. Se la cartella esattoriale o qualsiasi altro atto di Equitalia è illegittimo il contribuente può fare una semplice istanza e se non ottiene risposta entro 220 giorni il debito si annulla definitivamente. Lo ha stabilito la Commissione Tributaria Provinciale di Milano

Se la cartella esattoriale o qualsiasi altro atto di Equitalia è illegittimo il contribuente può fare una semplice istanza e se non ottiene risposta entro 220 giorni il debito si annulla definitivamente. Ciò è quanto stabilito da una innovativa sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale ha provveduto ad annullare una serie di cartelle esattoriali a carico di un imprenditore lombardo per centinaia di migliaia di euro affermando sostanzialmente l’esistenza del diritto all’annullamento del debito tributario per silenzio/assenso a seguito della mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate all’istanza del contribuente (si veda sentenza  n.5667/40/15 depositata il 23/06/2015, presidente dott. Pier Camillo Davigo, liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sezione Documenti).

Tutto ha origine da alcune disposizioni emanate con la Finanziaria del 2013 (legge n.228/2012); in pratica, la norma prevede che entro novanta giorni dalla notifica di un qualsiasi atto da parte del concessionario della riscossione, il contribuente possa fermare tale azione con una semplice istanza. Al fine di comprendere meglio la portata della norma, si consiglia di leggere l’articolo 1, comma 537, della legge n.228/2012 laddove prevede espressamente che i “concessionari per la riscossione sono tenuti a sospendere immediatamente  ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore…”.

A seguito del deposito della dichiarazione al concessionario, dunque, quest’ultimo è tenuto ad avvisare l’ente competente – che potrebbe essere, ad esempio, l’Inps per i contributi previdenziali, l’Agenzia delle Entrate per i tributi, gli enti locali per le sanzioni amministrative, etc… – il quale a sua volta deve rispondere al contribuente (comma 539). Ovviamente, come già anticipato, la parte più importante della norma è sicuramente quella che stabilisce le conseguenze derivanti dalla mancata risposta dell’ente impositore. Infatti, il comma 540 prevede che “trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite … sono annullate di diritto…”.

Proprio in forza delle predette norme, i giudici di Milano non hanno potuto fare altro che constatare la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate di Milano e dunque accertare l’annullamento del debito tributario.
Nello specifico, infatti, i giudici dichiarano “Gli atti emessi dall’Ufficio risultano illegittimi per la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate alle istanze di annullamento proposte dal ricorrente. Il contribuente, come evidenziato nel ricorso introduttivo, ha lamentato la mancata risposta dell’ente impositore alle due istanze presentate ai sensi dell’art. 1, commi 537 e seguenti della legge n.228/2012” (pagina 2 della sentenza). Ci si augura, dunque, che tale pronuncia possa contribuire a creare un nuovo clima di collaborazione tra Fisco e contribuente, soprattutto in virtù del fatto che l’inerzia del Fisco può creare gravi conseguenze alle casse dell’Erario.
FONTE http://www.affaritaliani.it/

martedì 8 settembre 2015

TASI abolizione e risparmi

Abolizione TASI in Italia anche senza il placet UE: Renzi conferma l'addio alla tassa dal 2016, mentre arrivano i calcoli sui risparmi

Nonostante la UE non approvi il progetto del Governo italiano di abolizione TASI sulle prime case (quelle non di lusso), ritenendola poco efficace in un’ottica di crescita, il premier Matteo Renzi tuttavia non cambia programmi e rimanda al mittente le dichiarazioni di scetticismo:
«Le tasse le abbassiamo da soli, non ce lo facciamo dire da Bruxelles cosa tagliare o no».
Anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega agli affari europei, Sandro Gozi, fa notare:
«Il Governo italiano presieduto da Matteo Renzi ha tutta l’autorevolezza e la credibilità in Europa per proseguire in piena autonomia il percorso riformatore e, quindi, anche le modalità con cui decidere la riforma del fisco e il taglio delle tasse che, è evidente a tutti, sono molto, anzi troppo, alte nel nostro Paese».
Così l’Esecutivo si prepara a predisporre entro il 20 settembre il Documento di Economia e Finanza (DEF) con la stima delle spese sulla base delle quali verrà poi costruita la prossimaLegge di Stabilità 2016, nella quale si prevede che venga inserita anche l’abolizione dellaTASI sulle prime case non di lusso.
Abolizione TASI: i risparmi
L’Ufficio studi della CGIA di Mestre valuta un risparmio medio per le famiglie italiane (che sono 19 milioni) di 204 euro. Per le abitazioni di categoria A2 le minori tasse saranno pari a 227 euro l’anno, per quelle A3 a 120 euro. Volendo ipotizzare anche l’abolizione TASI per quelle signorili o ville, il risparmio sarebbe di ben 1.830 euro, mentre per i castelli di 2.280 euro. Se il Governo abolisse anche l’IMU sugli immobili di lusso il risparmio sarebbe di circa 2.000 euro.
FONTE PMI:
                

giovedì 3 settembre 2015

Regolamento Edilizio: i titoli abilitativi per costruire o ristrutturare

Dopo 15 anni il Comune di Milano ha adottato il nuovo Regolamento Edilizio che definisce le caratteristiche e i requisiti tecnici che devono avere gli immobili da costruire o ristrutturare, nonché i titoli abilitativi necessari per iniziare i lavori.
La costruzione o ristrutturazione di un immobile richiede il rispetto di requisiti tecnici che sono definiti localmente con ilRegolamento Edilizio. Dopo 15 anni il Comune di Milano ha adottato un nuovo Regolamento in vigore dal 26 novembre scorso, le cui disposizioni si applicano a tutti i titoli edilizi (permessi di costruire, DIA, SCIA, Comunicazioni di Inizio Lavori) seguenti a questa data. Le disposizioni del vecchio Regolamento edilizio del 1999, invece, continuano ad applicarsi alle varianti apportate ai titoli già validi ed efficaci, all’istruttoria e al successivo rilascio di titoli edilizi relativi a istanze protocollate prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, nonché alle pratiche ricadenti nell’ambito di applicazione delle norme transitorie del PGT (Piano di Governo del Territorio). Ma quando occorre presentare la S.C.I.A., la D.I.A. e il Permesso di Costruire secondo quando disposto nel nuovo RE di Milano? Innanzitutto occorre precisare che nel nuovo Regolamento, il Comune meneghino ha fatto una distinzione tra interventi edilizi minori e interventi edilizi maggiori.
 Rientrano negli interventi edilizi minori:
§   manutenzione ordinaria;
§   manutenzione straordinaria;
§   restauro e risanamento conservativo;
§   demolizione, ove richiesta come intervento autonomo;
§   realizzazione dei parcheggi pertinenziali;
§   costruzione dei manufatti provvisori per lo sport;
§   interventi di rimozione dell’amianto;
§   interventi in materia energetica (ad esempio realizzazione impianto fotovoltaico o solare termico non connessi ad altre opere);
§   interventi in materia di verde.
Sono invece compresi negli interventi edilizi maggiori:
§  ristrutturazione edilizia;
§   sostituzione edilizia (demolizione e ricostruzione con la stessa superficie lorda complessiva del preesistente);
§   nuova costruzione;
§   ristrutturazione urbanistica.
Per realizzare questi interventi è necessario dotarsi di permessi specifici. Vediamo nei dettagli quali sono.
Innanzitutto si precisa che vi sono alcuni interventi edilizi liberi, che non necessitano di titoli abilitativi o preventive comunicazioni (art. 6, comma 1, del D.P.R. 380/2001). L’attività edilizia libera comprende gli interventi di manutenzione ordinaria e quelli volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio.
Interventi edilizi minori
 Non necessitano di titolo abilitativo ma solo di una Comunicazione Inizio Attività Edilizia Libera (C.I.A.L.)all’amministrazione comunale gli interventi di manutenzione straordinaria, compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio. I lavori possono partire immediatamente e concludersi entro 3 anni dalla presentazione della C.I.A.L. corredata da una relazione tecnica a firma di un professionista abilitato, il quale assevera, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati, ai regolamenti edilizi vigenti. Nella C.I.A.L. vanno inoltre indicati i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare i lavori.
 Nel caso di opere di restauro/risanamento conservativo o interventi di manutenzione straordinaria che comportano rinnovi e/o sostituzione di parti strutturali degli edifici, nonché contestuali modifiche di destinazioni d’uso con aggravio di dotazione di servizi o comunque non rientranti nell’attività edilizia libera, per eseguirle occorre presentare la S.C.I.A. (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), anche a mezzo posta con raccomandata e avviso di ricevimento. La segnalazione certificata di inizio attività è sottoposta al termine massimo di efficacia di tre anni dalla data della presentazione e il soggetto interessato è tenuto a comunicare anche la data di ultimazione dei lavori.
Interventi edilizi maggiori
Nel caso di nuova costruzione e ampliamento, ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione con la stessa superficie preesistente, o anche senza demolizione e ricostruzione, restauro e risanamento conservativo è necessario presentare laDenuncia di Inizio Attività (D.I.A.). I lavori potranno essere intrapresi decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della Denuncia ed entro un anno dalla data di efficacia, a pena di decadenza della DIA stessa. I lavori devono essere ultimati entro tre anni dall’inizio dei lavori, fatta salva diversa disposizione di Legge. La realizzazione della parte di intervento non ultimata nel predetto termine è subordinata a nuova denuncia, in quanto non è prevista dalla normativa la proroga alla DIA.

Gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia invece sono subordinati al rilascio del Permesso di Costruire. Come si specifica nel nuovo Regolamento Edilizio di Milano, i lavori possono iniziare dal giorno in cui viene rilasciato il Permesso da parte del Comune, anche per silenzio assenso, e comunque entro un anno da tale data. I lavori però devono concludersi entro tre anni dal rilascio o silenzio assenso.
fonte http://www.cosedicasa.com/regolamento-edilizio-i-titoli-abilitativi-per-costruire-o-ristrutturare-72623/

mercoledì 5 agosto 2015

La Voce Dei Senior: DEVE ANDARSENE!

Scritto dal Coordinamento Organizzato Condomini non Residenti

«L'Amministratore di Condominio , scoperto intrallazzatore deve andarsene»
[E' ormai opinione comune considerare l'amministratore di condominio quale intrallazzatore, corrotto e corruttore, furbastro, quando non anche ladro e approfittatore; in realtà, questa immagine negativa viene attribuita anche ai pochi AMMINISTRATORI ONESTI. leggi tutto... ]
Un fatto segnalato:«L'amministratore in gran fretta comunica che sono stati deliberati lavori per euro 50,000 ma non la messa in sicurezza del balcone.»

«Il Condomino dell'ANNALISA:  non mi resta che chiamare i pompieri.»



La Voce Dei Senior: DEVE ANDARSENE!: Scritto dal Coordinamento Organizzato Condomini non Residenti « L'Amministratore di Condominio , scoperto intrallazzatore deve andars...

venerdì 24 luglio 2015

Comune di Milano: applicazione della normativa in materia di abusivismo edilizio ne depotenzia l’efficacia e fa perdere risorse | Milano Radicale

« Il Sindaco e/o  gli uffici competenti del Comune non hanno  disposto il sequestro giudiziario degli immobili in tempo utile apponendo sigilli e cartelli visibili recanti gli estremi del provvedimento in particolare dei loft abusivi...PERCHE?»

La legge di conversione del famigerato decreto Sblocca Italia, approvata lo scorso mese di ottobre, ha introdotto delle modifiche alle norme del Testo Unico sull’Edilizia (DPR 380/2001) in base alle quali il responsabile di un abuso edilizio che non procede, entro il termine assegnato dal Comune, alla demolizione dell’abuso edilizio e alla rimessione in pristino dell’area e/o dell’immobile potrà essere punito con una sanzione pecuniaria, l’importo della quale va stabilito tra 2.000 e 20.000 euro.
Come ha spiegato l’Assessore De Cesaris, rispondendo a una mia interrogazione, la norma ha già trovato applicazione in 4 casi, e in tutti e 4 gli ordini di demolizione notificati ai proprietari, la sanzione pecuniaria – da applicarsi in caso di mancata ottemperanza all’ordine impartito – è stata quantificata nella misura di 4.000 euro. Alla richiesta di spiegazioni in merito al criterio adottato per arrivare in tutti e 4 casi alla stessa somma, l’Assessore De Cesaris ha risposto scrivendo che per la determinazione dell’importo, l’Amministrazione ha applicato l’art. 16 della legge 689/1991. L’articolo richiamato, rubricato “Pagamento in misura ridotta”, disciplina la modalità di calcolo delle somme dovute in caso di pagamento della sanzione prevista entro 60 giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione degli estremi della violazione.
Appare evidente che si tratti di un meccanismo del tutto incongruo, dal momento che la sanzione pecuniaria introdotta dal legislatore nel DPR 380/2001 punta a punire l’inottemperanza rispetto all’ordine di demolizione impartito. Per quale motivo, il responsabile che si sottrae all’obbligo di demolire un abuso edilizio dovrebbe pagare una sanzione pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista (o se più favorevole al doppio del minimo della sanzione), così come è previsto per i cittadini che – entro 60 giorni dalla notifica di un’infrazione commessa – provvedono a pagare la multa prevista? Il numero relativamente modesto degli ordini di demolizione non giustifica un meccanismo di applicazione della norma che, da una parte, depotenzia l’effetto perseguito dal legislatore statale al momento dell’approvazione delle novità normative in materia di contrasto dell’abusivismo edilizio, e dall’altra riduce l’importo delle sanzioni da comminare ai responsabili di abusi edilizi.
Dall’Assessore De Cesaris mi sarei aspettato e continuo ad aspettare risposte più convincenti. Il numero relativamente modesto degli interventi edilizi abusivi, rispetto ai quali potranno applicarsi le sanzioni pecuniarie previste, e l’entità del fenomeno nel suo complesso – non grave e pervasivo come in altre parti del territorio italiano – non possono giustificare le modalità applicative della legislazione statale adottate dall’Amministrazione, che ne tradiscono lo spirito. Calcolare nel modo previsto le sanzioni -  equiparando i responsabili di abusi edilizi che non ottemperano all’ordine di demolizione al cittadino che prende una multa per divieto di sosta e paga entro 60 giorni – non è solo illogico, di per sé, è una scelta con delle conseguenze significative. Visto che le entrate rivenienti dall’applicazione di queste sanzioni hanno una destinazione vincolata, operando come ha scelto di fare l’Amministrazione si sceglie, anche, di rinunciare a una parte delle somme utilizzabili per operazioni di demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive, e per l’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico. Sicuro che possiamo rinunciarci?
Marco Cappato
Comune di Milano: applicazione della normativa in materia di abusivismo edilizio ne depotenzia l’efficacia e fa perdere risorse | Milano Radicale

giovedì 23 luglio 2015

Milano. Sindaco Pisapia nomina il Professore Alessandro Balducci assessore all’Urbanistica


Milano, 22 luglio 2015. Il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha nominato il Professore del Politecnico Alessandro Balducci assessore all’Urbanistica e all’Agricoltura. Il neo assessore parteciperà già alla Giunta prevista per domani. 
“Il professor Balducci ha una grande competenza specifica nei settori che lo vedranno impegnato e sono lieto che abbia deciso di accettare la mia proposta -afferma il Sindaco- di mettersi al servizio della città. Non posso quindi che dargli il benvenuto nella nostra squadra e augurargli ‘buon lavoro’ convinto come sono che darà un grande contributo all’opera di cambiamento di Milano che abbiamo portato avanti in questi anni. Ringrazio poi ancora una volta Ada Lucia De Cesaris per l’importante opera che ha svolto per Milano”.
Milano. Sindaco Pisapia nomina il Professore Alessandro Balducci assessore all’Urbanistica

martedì 21 luglio 2015

Verso Comunali Milano 2016... | e-participation ed eventi a Milano e sua area metropolitana: cittadini e amministratori assieme per una citta' partecipata

Il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, auspica che Maurizio Lupi possa essere "nella rosa dei candidati" per la carica di sindaco di Milano nel 2016 perche' e' "una persona che stimo". Lo ha chiarito a margine dell'inaugurazione dell'Unicredit pavilion. "Dopodiche' - ha precisato - il punto principale e' decidere, e decidere in fretta. Si puo' fare tutto volendo, la cosa peggiore e' arrivare a ottobre e novembre e scegliere un candidato senza primarie. E' una sollecitazione che faccio a chi deve decidere e cioe' ai leader dei partiti. Quello che posso fare io e' sostenere il modello lombardo e il modello ligure, cioe' l'unione di tutto il centrodestra come precondizione indispensabile per vincere. Primo - ha sintetizzato - unione centrodestra, secondo nome in grado di vincere, terzo farlo presto, muoversi"
Verso Comunali Milano 2016... | e-participation ed eventi a Milano e sua area metropolitana: cittadini e amministratori assieme per una citta' partecipata

lunedì 20 luglio 2015

Pd nel caos, continua il pressing su Pisapia

«Gli uffici dell'Urbanistica e Edilizia Privata del Comune di Milano
 hanno bisogno di un assessore fisicamente sempre presente»
Il tormentone primarie sì, primarie no ne ha scatenato un altro che è tutt'altro che superato dalle dichiarazioni di Giuliano Pisapia. Se il sindaco anche giorni fa ha trattato come una barzelletta la voce del pressing scattato dal Pd per una sua ricandidatura nel 2016 («simpaticissima - ha replicato alla domanda - ho detto con largo anticipo che non mi ricandiderò, anche per dare il tempo necessario a organizzare le primarie») quell'ipotesi giù dal palco dell'assemblea con Renzi a Expo sabato scorso ha continuato a circolare, anche più di prima. Via di fuga, dicono soprattutto i dem romani, per uscire da quella che rischia di diventare la campagna per le amministrative più difficile della storia milanese. Il centrosinistra rischia non solo di perdere, ma di uscirne con le ossa rotte. La parola d'ordine dei colonnelli renziani dopo l'annuncio di Pisapia a marzo era stata di mantenere la calma e rinviare a settembre le discese in campo. Ma i candidati ufficiali alle primarie sono già tre - Pierfrancesco Majorino, Emanuele Fiano e Roberto Caputo - e anche più numerosi sono quelli ai box (da Ada Lucia De Cesaris a Umberto Ambrosoli, Stefano Boeri, Ivan Scalfarotto). E c'è l'incognita Giuseppe Sala, il commissario Expo che agita tutti gli altri uomini della sinistra che coltivano aspirazioni per il 2016. Le primarie rischiano di essere superaffollate e provocare un big bang nel Pd. Per questo i romani continuano a lavorare per un un ripensamento di Pisapia che, arrivati a questo punto, offrirebbe la via d'uscita al caos, anche se i rapporti col premier Renzi sono sempre stati burrascosi. I dem milanesi sono più tiepidi, convinti che l'avvocato non tornerà sui propri passi. Lo spettro che saltino le primarie agita Majorino: anche ieri è tornato a ribadire su Facebook che «nessuno può essere tanto pazzo da impedirle. E per me il modo più giusto è solo uno. Viverle come un'occasione positiva. Un'opportunità. Parlare della città e del futuro. Una proposta semplice: a settembre c'è la festa nazionale dell'unità a Milano. Lì potremmo fare un primo confronto tra i candidati presenti in quella data».
A sinistra circola da tempo una strategia per convincere Pisapia al ripensamento: una sorta di petizione popolare, sono convinti che se la richiesta partisse dal basso, dai milanesi, il sindaco si «sacrificherebbe». Tant'è, potrebbe farlo, secondo il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo (Sinistra x Pisapia), o si dovrebbe «veramente insistere», qualora i candidati alle primarie fossero un numero eccessivo o il vincitore non raggiungesse più del 25%. «Almeno - è la linea di Rizzo -, la lista è lunga si faccia almeno un ballottaggio tra i primi due o tre, il candidato sindaco deve avere più del 50% o non è rappresentativo». Una terza via? «Se non si convince il sindaco a rimanere, vediamo come funziona nei prossimi mesi il suo nuovo vice, Francesca Balzani. É stimata da tutti, rispettata da tutti i gruppi di centrosinistra e anche dall'opposizione per le sue doti di mediazione. Magari lungo il percorso per le primarie scopriamo che è un nome che può unire tutti».
Intanto, nominato il vice al sindaco resta la casella dell'Urbanistica da coprire dopo le dimissioni di Ada Lucia De Cesaris. É stato un weekend di consultazioni. Incassato già il no di Matteo Bolocan, in pole restano il prorettore del Politecnico Alessandro Balducci o, già più operativa sul Pgt, l'urbanista Laura Pogliani. La nomina tra oggi e mercoledì.

FONTE http://www.ilgiornale.it/news/milano/pd-nel-caos-continua-pressing-su-pisapia-1153392.html

venerdì 17 luglio 2015

Edilizia: il modello unico Super DIA

In arrivo moduli unificati e standardizzati per la presentazione della Denuncia di Inizio Attività (DIA) in alternativa al permesso di costruire.

Prosegue il percorso di semplificazione e standardizzazione in edilizia: è in arrivo la Super DIA, dopo l’entrata in vigore in tutta Italia dei moduli unici per l’edilizia, ovvero per perSCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), PdC (Permesso di Costruire) e i due modelli unificati per l’edilizia libera CIL (Comunicazione di Inizio Lavori) e CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata).
La Super DIA è la DIA alternativa al permesso di costruire (di cui agli art. 22 e 23 del DPR n. 380/2001 e all’art. 7 del DPR n. 160/2010) utilizzata per le nuove costruzioni, ristrutturazioni pesanti e ristrutturazioni urbanistiche, per la quale ora è stato predisposto il modello unico, che ora dovrà essere approvato dalla Conferenza Unificata. Come per le altre standardizzazioni, anche in questo caso, dopo l’approvazione ufficiale le Regioni e i Comuni avranno 90 giorni per adeguarsi alla modulistica unica nazionale e recepire le indicazioni contenute nel documento.
Ricordiamo che i modelli unici in edilizia sono frutto del Decreto Semplificazioni (DL 90/2014) che ha previsto una modulistica unificata per la presentazione di istanze, dichiarazioni e segnalazioni alla Pubblica Amministrazione.

lunedì 6 luglio 2015

Mini cantieri, un abuso al giorno

« Il Sindaco e/o  gli uffici competenti del Comune non hanno  disposto il sequestro giudiziario degli immobili in tempo utile apponendo sigilli e cartelli visibili recanti gli estremi del provvedimento in particolare dei loft abusivi...PERCHE?»

«Cosa dicono i consigli di zona?»

«Cosa dicono gli Amministratori Condominiali?»

«Cosa consiglia l'ANACI (Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari),»

La lista delle infrazioni comprende bonifiche fantasma e gravi carenze documentali. Dettori, Assimpredil: «Concorrenza sleale, (CORRIERE DELLA SERA CRONACA MILANO 4 luglio 2015)



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ACCADE IN UN CONDOMINIO DELLA ZONA TRE DEL COMUNE DI MILANO:Gli abusi edilizi continuano



venerdì 1 maggio 2015

GIUNTA COMUNE DI MILANO-FOCUS QUALITA'

La Giunta, organo di governo del Comune, è presieduta dal Sindaco ed è composta da un numero di assessori variabile in relazione alla popolazione del Comune; nei comuni con popolazione maggiore di 1.000.000 di abitanti non possono essere più di 16, come a Milano.
La Giunta collabora con il Sindaco nell'amministrazione del Comune e nell'attuazione degli indirizzi generali e politico – amministrativi del Consiglio, nei confronti del quale svolge attività propositiva e di impulso. Svolge una funzione di indirizzo, vigilanza e controllo politico amministrativo, non rientrando tra le sue competenze la funzione gestionale (salvo casi eccezionali di delega effettuata dal Sindaco nell'ambito delle sue competenze).
A norma dello Statuto del Comune di Milano, il Sindaco, in riferimento agli obiettivi e ai risultati complessivi cui è tesa l'azione amministrativa e secondo criteri dallo stesso disposti, conferisce agli Assessori gli incarichi in attuazione del principio della responsabilità politica. Si precisa che il modello organizzativo del Comune è stato definito indipendentemente dalle deleghe attribuite dal Sindaco agli Assessori. Si tende cioè a realizzare un'organizzazione che possa adattarsi a qualunque riparto di deleghe politiche nel rispetto degli interessi superiori del cittadino. Gli assessori svolgono unicamente un ruolo di indirizzo, vigilanza e controllo politico amministrativo.

GLI ASSESSORI. IL GIUDIZIO IL DEGLI UTENTI SULLA QUALITÀ  DEI SERVIZI   AI CITTADINI 


LEGGI La Giunta

La Voce degli Anziani : GIUNTA COMUNE DI MILANO-FOCUS QUALITA': La Giunta, organo di governo del Comune, è presieduta dal Sindaco ed è composta da un numero di assessori variabile in relazione alla pop...